AVVISI BONARI TEMPESTIVI IVA OMESSA ANNO 2017

Arrivano in questi giorni gli avvisi di liquidazione sull’IVA del primo trimestre, conseguenza dei nuovi adempimenti IVA in vigore dal 2017.

I contribuenti che non hanno versato l’IVA del primo trimestre 2017, stanno ricevendo in questi giorni, infatti, le richieste di pagamento inviate dell’Agenzia delle Entrate: si tratta di alcune comunicazioni ex art. 54-bis, D.P.R. n. 633/1972, RECAPITATE VIA PEC.

Non si tratta però di lettere di compliance, ma di VERI E PROPRI AVVISI BONARI CHE, DI FATTO, INIBISCONO IL RICORSO AL RAVVEDIMENTO OPEROSO, E IRROGANO SANZIONI DEL 10%.
Molte sono le reazioni a questo nuovo corso del rapporto fisco-contribuente, tuttavia, in realtà, quanto sta succedendo altro non è che quanto previsto dalle nuove norme.

Spiazzati sono tutti, professionisti compresi, non tanto dal punto di vista sostanziale (è evidente che questi soggetti sapevano di non aver versato il dovuto), quanto sotto il profilo procedurale: non si era “abituati” a ricevere avvisi bonari prima del termine di presentazione della dichiarazione annuale, cioè, prima che fosse concesso un congruo termine per un eventuale ravvedimento e con una tale celerità (lettere di compliance inviate a luglio avvisi bonari inviati a fine settembre).

Tutto ciò deriva dai primi effetti dei nuovi adempimenti IVA introdotti a partire dal 2017. In particolare la comunicazione delle liquidazioni IVA che ha fatto il suo debutto per il 1° trimestre 2017 (la scadenza per l’invio era il 12 giugno 2017).
Dopo poco più di 3 mesi, l’Agenzia delle Entrate, incrociando i dati tra il dichiarato e il versato, è già in grado di richiedere l’eventuale IVA omessa, con avviso bonario ex art. 54-bis, D.P.R. n. 633/1972 (e quindi con sanzione del 10% se si versa entro 30 giorni), mettendo fuori gioco l’istituto del ravvedimento che è inibito se il contribuente riceve un avviso bonario di cui sopra (art. 13, comma 1-ter, D.Lgs. n. 472/1997).
Nonostante le reazioni siano molteplici (c’è chi parla di presunta violazione dei diritti di difesa), tutto quello che sta succedendo non è altro che quanto previsto dalle nuove norme, niente di più e niente di meno.
Cosa prevede la norma sulle comunicazioni trimestrali IVA
Il comma 5 testualmente afferma:
“L’Agenzia delle Entrate mette a disposizione del contribuente, ovvero del suo intermediario, secondo le modalità previste dall’articolo 1, commi 634 e 635 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, le risultanze dell’esame dei dati di cui all’articolo 21 del presente decreto e le valutazioni concernenti la coerenza tra i dati medesimi e le comunicazioni di cui al comma 1 del presente articolo nonché la coerenza dei versamenti dell’imposta rispetto a quanto indicato nella comunicazione medesima. Quando dai controlli eseguiti emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella comunicazione, il contribuente è informato dell’esito con modalità previste con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate. Il contribuente può fornire i chiarimenti necessari, o segnalare eventuali dati ed elementi non considerati o valutati erroneamente, ovvero versare quanto dovuto avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. Si applica l’articolo 54-bis, comma 2-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, indipendentemente dalle condizioni ivi previste”.
C’è da chiedersi: quali sono queste condizioni?
Semplice: la norma citata afferma che “se vi è pericolo per la riscossione, l’ufficio può provvedere, anche prima della presentazione della dichiarazione annuale, a controllare la tempestiva effettuazione dei versamenti dell’imposta, da eseguirsi ai sensi dell’articolo 1, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 100, degli articoli 6 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica 14 ottobre 1999, n. 542, nonché dell’articolo 6 della legge 29 dicembre 1990, n. 405”.
In definitiva, la norma sulla LIPE prevede una eccezione alla regola generale secondo cui gli avvisi bonari ex art. 54-bis, D.P.R. n. 633/1972 possono essere emessi prima della dichiarazione annuale solo se “vi è pericolo per la riscossione”.

La conseguenza che ne deriva è che il tempo a disposizione in caso di omesso versamento IVA è notevolmente ridotto, l’istituto del ravvedimento ha perso, almeno in questo caso, un po’ la sua ragione d’essere e i contribuenti, sempre più, sono tenuti a controllare frequentemente la loro casella PEC.